giovedì 24 gennaio 2013

La nostra battaglia del 2012

Quella di cui parlerò oggi è una battaglia che si è combattuta non a colpi di moschetto o cannoni ma idee. La nostra Scuola è sotto continuo attacco, i fondi sono pochi e gli aspiranti professori troppi. Inoltre questa istituzione è spesso abbandonata dallo stato che forse non la ritiene importante abbastanza per il futuro del paese. In effetti a cosa potrebbe servire forgiare delle menti preparate ad ogni evenienza che sappiano risollevare il paese una volta completato il loro corso di studi? Ad aggravare il tutto si aggiunge il completo, o quasi, disinteresse da parte dei genitori di noi studenti. E chi resta ferito, mentalmente si intende, da questa noncuranza generale? Noi! E se non ci muoveremo per cambiare questa situazione finiremo per trasformarci in perfetti esseri che di senziente non hanno nulla. L’anno scorso ho avuto l’immenso piacere di constatare come siamo riusciti a sollevare le nostre voci e mi ha profondamente sorpreso la mobilitazione che c’è stata nell’intera penisola per combattere ancora una volta il tanto pericoloso disegno di legge 953 (il Ddl Aprea per intenderci) che era tornato alla carica. Docenti e studenti che, tra lo stupore generale, hanno abbattuto quella barriera tra banco e cattedra non essendo più ‘’contrapposti’’, ma compagni con un obbiettivo comune: un futuro. Scesi più volte in piazza si sono distinti per la forza dei loro cori e delle loro ragioni, sbandierando in faccia al governo cosa significasse per loro la parola ‘’istruzione’’.
Non posso astenermi dal citare quella macchia che ha segnato questi giorni di protesta di rosso: il 14 novembre. Non sono qui per incolpare l’una o l’altra parte, anche perché quel giorno, per mia fortuna, ero assente, ma non si può negare che questa esplosione di violenza ha oscurato il fine di una protesta pacifica. Ciò che mi ha sconvolto maggiormente è stato l’atteggiamento dei mass media nei confronti dell’accaduto: hanno completamente dimenticato che quel giorno migliaia di persone, tra studenti, disoccupati e lavoratori, erano scese pacificamente in piazza per far valere le proprie idee che chiedevano giustizia, e hanno soltanto descritto la guerriglia scoppiata successivamente. Credo che le immagini a cui hanno assistito quelli di noi che quel giorno erano tra i fumogeni e i manganelli resteranno indelebili nelle loro menti.
Arriviamo infine alle ultime fasi di questa protesta: le occupazioni degli edifici scolastici che a raggiera si sono espanse in Italia. Mi ricordo che su Facebook ogni giorno qualcuno annunciava che un altro liceo o istituto superiore era stato occupato, segno di un coinvolgimento fortissimo in ogni parte del nostro Stato. È vero che in molti hanno giudicato questo tipo di protesta con frasi del tipo ‘’lo fanno perché così non lavorano’’. Penso di non essermi mai stancato tanto quanto i giorni dell’ occupazione (e non voglio pensare a coloro i quali sono rimasti ogni giorno ‘’trincerati’’ tra i nostri corridoi). L’ Ignazio Vian di Bracciano è stato occupato infatti per un’intera settimana a partire dal 21 novembre con un’ organizzazione pressoché perfetta: corsi di ogni genere, turni di guardia per evitare qualsivoglia problema, una pulizia continua su ogni piano e una cooperazione profonda. È sull’ ultimo punto che mi vorrei soffermare: per la prima volta ho potuto vedere persone che non si conoscevano minimamente collaborare come amici di vecchia data, una generosità nel fare collette che permettevano a tutti di mangiare senza spendere troppo e nessun litigio. So perfettamente, e come me anche voi, che questo atto è illegale (anche se forse era l’ultimo atto di rilevante impatto che ci era rimasto) ma non posso astenermi dal dire che personalmente mi ha permesso di crescere. Siamo cresciuti tutti, insieme, e l’abbiamo fatto grazie ad una causa comune che siamo infine riusciti a conseguire assieme agli studenti delle altre scuole, ai docenti, ai genitori e a tutti coloro che ci hanno creduto: il Ddl Aprea è stato fermato. Una vittoria che dimostra quanto questo popolo di ‘’sfaticati e nullafacenti’’ tenga alla scuola e all’istruzione. Forse è solo l’inizio, forse ci saranno sfide più difficili, ma se ce l’abbiamo fatta questa volta ce la faremo ancora perché alla fine la scuola siamo noi e solo noi possiamo scegliere cosa è meglio per il nostro futuro.

Andrea Fornara

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