*La
citazione riportata nel titolo è a cura di Silvano Agosti.
L’idea
di libertà, dal latino “libertas” “assenza di costrizioni”, nasce per un
bisogno naturale dell’uomo di fuggire da una condizione di ristrettezza o di
prigionia
fisica
o mentale ed è definita come la facoltà di pensare, di operare, di scegliere in
modo autonomo (dal greco “secondo la propria legge”). Tuttavia esiste una
libertà
personale che si radica in ognuno di noi: c’è chi la trova correndo per strada,
chi leggendo un libro, chi accanto alle persone che ama, chi cerca di
capirla
e poi se ne innamora, chi la ricerca e la trova sacrificando la sua vita:
“Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta” (Dante-
Purgatorio
I canto vv.71-72).
Nel
corso della sua storia l’uomo molte volte ha cercato di rivendicare la libertà
in tutte le sue sfumature: nel Rinascimento la libertà di religione, una
religione
che
per tutto il Medioevo aveva reso l’uomo una pedina nelle mani della Chiesa,
sottomettendolo ai dogmi ecclesiastici e costringendolo ad annullare qualsiasi
tipo
di potere decisionale; la libertà di parola e di discussione all’interno del
Parlamento con l’emanazione dei Bill of Rights nel 1689, che ponevano sullo
stesso
piano le decisioni del “The King” e quelle dei “Parlamentarians”; la libertà di
pensiero e di espressione come principio basilare dei Sacri principi della
Rivoluzione
francese del 1789 (Libertè, Egalitè, Fraternitè); la libertà di sentirsi uomo,
come recita l’Art.3 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo “Ogni
individuo
ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.”,
conseguenza della Seconda guerra mondiale (XX secolo), in cui l’uomo era
stato
privato della sua dignità, del suo “essere un individuo vivo”, limitato ad
esser riconosciuto come un numero di serie; la libertà di sentirsi accettato
nonostante
il colore della pelle, risultato della lunga lotta all’Apartheid, politica di
segregazione razziale istituita dal governo di etnia bianca nel Sudafrica nel
dopoguerra.
Eppure, anche se il premio nobel per la pace e promotore della liberazione dei
neri, Nelson Mandela, sostiene: “Il lungo cammino verso la libertà
non
è ancora finito, l’ho percorso sforzandomi di non esitare perché ho scoperto
che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre tante altre”, l’uomo
sembra
essersi dimenticato dei sacrifici compiuti nel tentativo di raggiungere la
libertà e si è costruito un nuovo “padrone”: la tecnologia, che giorno dopo
giorno
sta diventando la chiave di lettura della società contemporanea. Grazie alla
tecnologia, infatti, l’uomo non ha più limiti: è arrivato sulla Luna, ha creato
organismi
viventi in laboratorio diventando l’antagonista di Dio, “il creatore della cose
terrene”, ma si è allontanato dai sentimenti, dalla comunità, dai valori più
antichi,
lasciando che fossero le macchine a trascrivere i suoi pensieri, stupidi smile
a far trasparire le sue emozioni, lasciando, quindi, che ciò che egli stesso ha
creato
lo rendesse ancora una volta “schiavo” perché, come scrisse il cantautore
Giorgio Gaber, l’uomo si sente libero quando è comandato.
Giulia
Uda
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